Il 12 aprile quando papà ti fece questa fotografia: tu guardavi verso il cielo, serenamente, con i tuoi grandi occhi blu, guardavi il cielo quasi sapessi dove ti avrebbe condotto il destino.
La mia storia, la storia di Nicolas e Giulia, inizia nel giugno 2007, quando dopo anni di incertezze decidiamo che è arrivato il momento di dare un fratellino o una sorellina a Isabel , che ormai ha 3 anni!
Non c’è bisogno di attendere molto, nel momento in cui lo decidiamo mi riscopro gia in dolce attesa e la gioia è tanta.
E la gioia raddoppia quando scopriamo che i bambini sono due, un maschietto e una femminuccia.
Se qualcuno mi chiedesse cos’e la felicità risponderei “ l’attimo in cui li ho visti nascere, l’attimo in cui li ho tenuti in braccio e ho avuto la profonda sensazione di sentirmi finalmente completa come donna e come madre!”
Ricordo come fosse ora il calore dei loro corpi stretti al mio, la consapevolezza che non poteva esistere persona più felice e ricca d’amore di me.
Avevo realizzato il mio sogno più grande: volevo tre figli, un maschio e due femmine,…ed eccolo realizzato davanti ai miei occhi sognanti.
Sono nati alla 38 esima settimana da parto cesareo, 2kg 590 lui, 2kg340 lei.
Erano perfetti, meravigliosi, sani,…
Ricordo il giorno in cui papà venne a prenderci all’ospedale, ricordo noi che percorriamo quel lungo corridoio, io con in braccio Giulia, papà col suo adorato Nicolas e Isabel nel mezzo, felice come non l’avevo mai vista.
Ecco, quello è stato il momento in cui ho provato la vera felicità, in quel momento toccavo con mano il massimo dell’estasi possibile su questa terra.
Dopo quattro giorni iniziò la nostra vita a casa tra notti insonni, poppate e pannolini!
Non era facile ma i giorni passavano veloci, noi ce la mettevamo tutta per dare loro il meglio e per non fare mancare le giuste attenzioni anche alla più grande.
I bambini crescevano bene, in un mese lui era cresciuto quasi 2 kg, lei 1 e mezzo….
Tutto era perfetto, un quadro senza imperfezioni!
Ma la perfezione non è di questo mondo e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quella felicità rincorsa e conquistata stava per dissolversi improvvisamente.
Ricordo la settimana precedente la sua…..ancora fatico a dirlo…la sua morte, l’ultima settimana in cui siamo stati felici tutti insieme.
Isabel aveva un po di febbre e io con tre bambini sola non ce la facevo , cosi mio marito si prese una settimana di ferie.
Ricordo quando teneva in braccio suo figlio, sembrava così piccolo accanto a lui: ricordo il suo sguardo, fiero e orgoglioso…quante cose sognava avrebbero fatto insieme!
Ma la nostra vita stava per cambiare per sempre e noi non eravamo preparati a affrontare un tale strazio.
Quella sera, la sera del 14 aprile, come tutte le sere dopo aver messo a letto la grande mi misi ad allattare.
Li allattavo contemporaneamente e anche di quello ero orgogliosa..
Poi li misi subito nei loro lettini: ero stanchissima, Giulia era brava ma Nicolas piangeva sempre e quando dormiva era solo per brevi momenti..
Anche quella sera Nicolas non voleva dormire. Mio marito era stanco, allora faceva i turni e alle 4 si svegliava per andare in fabbrica..
Solitamente mi alzavo io ma quella sera si alzò mio marito. Lo prese dal lettino: ricordo ancora i suoi piedini che spuntavano dalle sue braccia e si muovevano tra pianti disperati. Rivedo come fosse ora mio marito che si allontana dalla camera con lui in braccio, risento il suo pianto disperato: non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrei visto vivo.
Risento il silenzio, un silenzio strano, prolungato…” starà dormendo finalmente!”
Alle 4 del mattino suonò la sveglia ma c’era silenzio stranamente, Giulia dormiva, dalla sala nessun rumore…” lasciamolo dormire ancora un po’” penso.
Alle 4 e 40 mi alzai , dovevo svegliare mio marito altrimenti faceva tardi al lavoro e poi dovevo allattare i gemelli perchè erano 6 ore che non mangiavano.
Ricordo di aver acceso una luce soffusa, non volevo svegliare subito Nicolas visto che stava “ dormendo “ così bene.
Mi sono avvicinata alla navicella e subito ho avuto una strana sensazione: la sua posizione non era naturale, era troppo immobile, era a pancia in giù, il viso completamente nascosto, le manine vicino alla bocca.
“ Ma Ervin”…ho detto, …e lui si è alzato di scatto dal divano , come se avesse avvertito che c’era qualcosa di insolito.
Ma io l’ho tranquillizzato “ aspetta un attimo” ,…dissi.
Non ho preso subito Nicolas in braccio, la prima cosa che feci fu quella di mettere una mano sulla sua testolina…e un brivido mi corse lungo la schiena.
Poi toccai le manine: fredde!!!
ODDIO…..no, ti prego!
Prendendolo in braccio il suo corpo penzolava, ma tante volte mi era successo con Isabel quando era piccola e dormiva profondamente.
Mi sono avvicinata al fasciatoio e l’ho girato a pancia in su: ancor oggi non riesco a togliermi dalla mente ciò che vidi!
Era immobile, la sua bocca aveva uno strano colore, i suoi occhi…uno semiaperto, l’altro chiuso, le sue unghie erano nere.
Cos’ha il mio bambino…DIO MIO TI PREGO , NO!
“ Ervin , Nicolas è morto!!!” urlai.
Ricordo mio marito che urla con tutta la forza che può, che travolge sedie, oggetti, che si butta a terra sbattendo la testa sul pavimento, che tira pugni al muro e si distrugge le mani.
Ricordo mia figlia che urla terrorizzata dalle urla del padre, e io li immobile che non dico nulla, che tento una respirazione ma “ ho paura di fargli male!”
Arrivano subito i vicini e i padroni di casa…., mio marito continua a urlare, a imprecare e io seduta a terra , con il mio bambino in braccio, che lo coccolo baciandolo disperatamente, cercando di scaldarlo perchè è freddo, troppo freddo.
Quello che poi successe non lo ricordo nitidamente, credo di aver rimosso tanti ricordi di quei giorni.
Arrivò il 118 chiamato non sò da chi, ricordo di essermi seduta in un angolo a terra pregando che Dio me lo salvasse anche se sapevo che non sarebbe più stato lo stesso.
Ricordo gli sguardi dei medici, che sconsolati mi fanno le condoglianze, ricordo di essere andata da mia figlia a dirle che suo fratello se n’era andato, ricordo di essermi seduta sul divano con Giulia in braccio, ricordo di averla allattata mentre davanti a me sul tavolo giaceva mio figlio, senza vita, con la tutina lacerata, bianco…freddo!
Ricordo il viso dei nonni disperati, ricordo gli occhi di mio marito distrutti dalle lacrime…
Ricordo quell’atmosfera pesante, asfissiante, senza vita che c’era in quella casa…ricordo che pensai: è tutto finito!
Non sò chi si occupò delle onoranze funebri…non ricordo nulla, ricordo solo che mi sentivo inutile, fallita, incapace, sbagliata,…mi vergognavo di me stessa come madre che non era stata capace di proteggere suo figlio.
Ricordo un momento in particolare, cioè l’ultima volta che ho tenuto in braccio mio figlio prima di adagiarlo nella bara bianca, prima di lasciarlo andare via da me per sempre.
Ricordo di averlo stretto teneramente a me, la testolina appoggiata sulla mia spalla, e di aver chiuso gli occhi pensando “ devo vivere tutta la vita con questo ricordo nel cuore !”
Anche l’autopsia fu dura per me, mi sembrava di vederlo morire un’altra volta….
Col tempo ho capito che quella fu una buona scelta , al contrario avrei vissuto tutta la vita col dubbio di cosa gli fosse successo.
L’esito fu comunque poco confortante: morte in culla o meglio SIDS.
Come si può accettare la morte di un figlio sano senza una ragione?
Come si può sopravvivere a un figlio andando avanti senza di lui?
Due giorni dopo la sua morte ci fu il suo funerale…
Quando iniziarono a arrivare le persone del paese iniziai a realizzare che era successo davvero.
Mi chiusi in bagno , non volevo vedere nessuno, non volevo passare il tempo a baciare persone e stringere mani: volevo fare qualcosa di significativo, qualcosa per lui.
Così mi chiusi in bagno e scrissi una lunga lettera d’addio a lui , a mio figlio, una lettera che poi tra lo stupore della gente lessi in chiesa nel mezzo della messa, mano nella mano con mio marito.
Volevo essere forte, sono sempre stata una persona forte, volevo esserlo anche in quel momento, non lo facevo per me ma per mio figlio: il suo funerale doveva essere ricordato.
Lo facevo per Isabel, volevo che vedesse che la sua mamma non mollava; lo facevo per mio marito, volevo capisse che io resistevo; lo facevo anche per la gente del mio paese, volevo dimostrare loro che non gli permettevo di guardarmi con pietà, perchè ero orgogliosa di essere stata e di essere ancora e sempre la madre di Nicolas.
Portai io la bara in chiesa tra le braccia e gli sguardi ammutoliti della gente.
Alla fine della funzione io e suo padre portammo la bara fino al cimitero consegnandola a chi doveva seppellirlo: non abbiamo permesso a nessuno di toccarla, noi l’avevamo messo al mondo, noi avremmo pensato a lui fino alla fine.
….
Quello che successe poi fu un lento , doloroso percorso fatto di piccoli passi avanti e molte cadute.
Perdere un figlio per me era quasi impossibile, perderlo improvvisamente inconsolabile e inaccettabile. Perdere un gemello e dover continuare a crescere l’altra una tortura…
Non ho potuto vivere il mio dolore, prendere del tempo per piangere o solo per stare sola.
Si trattava di rimettere assieme i cocci di una vita spezzata, di andare avanti in qualche modo senza quel bambino, col quale avevamo fatto grandi sogni fino a pochi giorni prima. Ero costretta ad andare avanti, dovevo curare le bambine,…alzarmi, far da mangiare…
Mi sentivo sbagliata , giudicata, colpevole!
Le mie passeggiate per un anno furono sempre le stesse, casa – cimitero e ritorno con Giulia nel passeggino , con il monitor sempre attaccato.
Essere madre di Giulia è stato un percorso doloroso perchè doloroso è stato rassegnarsi all’idea che non sarebbe cresciuta con suo fratello accanto, doloroso è stato viverla come figlia e slegarla dall’essere la sua gemella.
Per me loro erano una cosa sola, se lui se n’era andato, anche l’idea di lei se n’era andata con lui.
Si trattava di ricostruire un rapporto con lei, lei che era sopravvissuta a questa tragedia, lei che aveva bisogno di me lei che non era colpevole di ciò che era successo…e aveva perso il suo fratellino.
Per molti mesi mi sono occupata di lei come una paziente infermiera, che aveva il dovere di farla sopravvivere, mentre quella parte di me materna le aveva chiuso le porte.
A novembre , 7 mesi dopo, capii che dovevo fare qualcosa, che ero l’unica che poteva salvare la mia famiglia da una vita triste e apatica: io sola potevo dare un senso a questa cosa senza senso, altrimenti sarei andata a fondo e avrei trascinato con me tutta la mia famiglia.
Iniziai così una terapia psicologica fatta solo di colloqui, che durò un anno e mi fece bene.
Iniziai a scrivere in questa lista, buttando fuori tutto il dolore, iniziai disperatamente a cercare una spiegazione a questa morte …iniziai a parlare di lui continuamente, con chiunque avesse voglia di ascoltare.
Più parlavo più i pensieri si ridimensionavano , più le emozioni prendevano il loro giusto posto.
….
Guardandomi indietro credo di non aver mai voluto arrendermi, fin dal giorno della sua morte, credo di non aver mai mollato veramente.
Non mi sono mai nascosta dietro finti sorrisi, neanche davanti alle mie figlie, che hanno vissuto con me il mio dolore e ne sono uscite vincenti.
Quando le guardo ora e le vedo felici capisco di avercela fatta, che sono arrivata quasi alla fine di questa partita e la stò vincendo e sugli spalti c’è il mio Nicolas che fa il tifo per me.
Sono quasi passati due anni da quel giorno: se ripenso ad allora e mi guardo ora mi sembra impossibile essere sopravvissuta a un dolore simile.
Mio figlio mi ha dato molto più di quanto potessi io: mi ha insegnato a vivere ogni istante, a non rinunciare ai miei sogni, mi ha liberato dalle catene che mi impedivano di vivere la mia vita liberamente senza dover rendere conto a nessuno, mi ha aiutata a rassegnarmi convincendomi che non potevo evitare l’inevitabile!
Mi ha condotto accanto a persone eccezionali, che hanno saputo rialzarsi da dolori insopportabili e vivere profondamente la loro vita.
…
Sono contenta di non aver mollato, di aver lottato e creduto ancora nei miei sogni perchè ora accanto a me c’è Vanessa , una dolce bambolotta di tre mesi, la sorellina di Nicolas, che mi ha ridato la possibilità di essere quella madre amorevole, dolce e spensierata di un tempo,nonostante la paura.
Ora sono di nuovo felice, di una felicità senz’altro diversa.
La felicità che provai il 5 marzo 2008 probabilmente non la proverò mai più nella vita, ma sono contenta di averla vissuta anche solo per poco.
GRAZIE ISABEL , la mia grande bambina, che ha consolato il mio cuore mostrandomi con la sua innocenza che c’era molto di meraviglioso ancora accanto a me;
GRAZIE GIULIA, dolce tesoro mio, sei stata la nostra forza, l’esempio che non avevamo fallito come genitori, colei che ci spingeva a alzarci la mattina, a guardare al futuro;
GRAZIE ERVIN, amico, compagno, amore della mia vita, per avermi ascoltata, per non avermi mai lasciata sola, per aver avuto la pazienza di aspettarmi, per avermi amata più di prima, per aver creduto ancora in noi, per avermi dato Vanessa;
GRAZIE ALLE MAMME DELLA LISTA, per esserci sempre state e esserci ancora tutte le volte che cado e mi lascio travolgere dal dolore, voi che sapete leggere nel mio cuore e viaggiare lungo i miei stessi pensieri;
GRAZIE NICOLAS, per essere nato, per avermi scelta come madre, per avermi regalato 40 giorni indimenticabili di felicità vera e profonda, per essermi ancora sempre accanto, per avermi aperto gli occhi, per aver creduto in me dandomi la possibilità di essere ancora madre.
Grazie AMORE MIO , mio dolce bambino, per tutta la vita ti porterò nel cuore e sono certa che un giorno saremo di nuovo uniti per sempre.
La tua mamma Alessandra, il tuo papà Ervin e le tue sorelline