Caro Amico e cara Amica,
metto per iscritto per te qualche riga nella speranza di esserti di conforto.
Sono la mamma di Anita una piccola bambina di soli 42 giorni che ci ha lasciato una fredda notte d”inverno del 1998. Da quel momento quel freddo è rimasto nel mio cuore e chissà se se ne andrà mai via.
Credimi, riesco immaginare come ti senti. Ci sono passata.
Sbalordimento, dolore, disperazione, rabbia…. Mi sembrava tutto finito, un baratro da cui non sarei più uscita.
Avevo un gran bisogno di sperare. Ma non ci riuscivo. Desideravo tanto che la vita riprendesse il suo corso e che il terremoto e le sue rovine sparissero, ma mi sembrava impossibile…
È difficile rispondere alle tue domande.
Ti chiedi se passerà, se riuscirai avere ancora una vita normale, se riuscirai persino ad essere felice in futuro almeno per un istante….
Ti domandi se andandosene il tuo piccolino ha sofferto …
Ti interroghi sulle cause e ripercorri ossessivamente quel giorno per capire dove sta l’errore, in cosa hai sbagliato…
Mi sento di dirti innanzitutto che il tuo bambino non ha sofferto, che davvero non avresti potuto prevedere quello che è successo, che la SIDS non si può diagnosticare se non dopo che si è verificata. È proprio una bomba che scoppia e tu non ne hai la minima responsabilità. Se vuoi approfondire l’argomento, noi dell’Associazione abbiamo molta letteratura scientifica. Per alcuni di noi è stato confortante cercare di capire un po’ di più, ma ti assicuro che anche dopo aver letto, non avrai molte risposte sulle cause.
Se stai aspettando l’esito dell’autopsia, preparati ad un’attesa lunga, purtroppo succede spesso. Come associazione abbiamo combattuto in questi anni per accorciare questo calvario dialogando con le istituzioni facendo loro presente quanto sia importante avere una diagnosi definitiva che tolga anche quell’orribile senso di colpa latente che ci tormenta. Per ora sono pochi quelli ci hanno ascoltato.
Su come venirne fuori, è difficile in poco tempo spiegarti. Ognuno di noi è ne è venuto fuori in modo diverso. Se avrai voglia di incontrarci, ognuno ti dirà qualcosa che ti sarà di aiuto nel tuo percorso di elaborazione del lutto per questa perdita.
Ti dico solo poche cose per l’emergenza. Son cose mie che ho anche condiviso con mio marito e altri genitori ma che non hanno la pretesa di essere la medicina al tuo grande dolore. Sono 3 frasi per me importanti e che mi sono tanto servite.
Una me la disse Ada Macchiarini, figura storica dell’Associazione, in occasione del mio viaggio a Firenze in cerca di aiuto. Ricordo che mi diede un consiglio semplice ma utile: “bisogna esercitarsi a uscire dalla sofferenza, non basta il tempo…Innanzitutto sforzati di ricordare tuo figlio da vivo e non solo da morto. Ogni volta che ti assale lo sconforto e i ricordi di quel momento ti tormentano, comincia col trasferire due volte su tre il ricordo su un momento della vostra vita insieme e di limitare ad un terzo l’ossessione di quella morte stupida, inutile, inaccettabile. Andando avanti tenta di aiutarti in maniera maggiore: quando pensi al tuo bambino alcune volte pensalo nei vostri bei momenti insieme e altre volte comincia a trasferire il pensiero su altri terreni. Non sempre perché non si può e non si deve, ma una volta su tre è utile, bisogna allenarsi a non sprofondare”.
Un’altra frase che mi confortò me la disse un’altra mamma che aveva perso un figlio 35 anni prima. Ricordo che mi disse che si arriva ad un punto in cui ti svegli la mattina e ti stai lavando i denti e ti accorgi che fino a quel momento non hai ancora pensato al bambino che non c’è più. In quell’istante preciso capisci che ce l’hai fatta che stai uscendo dal tunnel del dolore. Ho aspettato 6 mesi quel giorno ed è arrivato.
Passerà, non passerà tutto, ma molto passerà.
Parlando poi col prete che celebrò il funerale della mia piccola Anita ( era un uomo buono ed intelligente: accettò di fare il funerale anche se la bambina non era stata ancora battezzata), ricordo una cosa che mi disse e che mi rimase impressa: “È inutile cercare di dare un senso a una cosa che non ha senso. Non c’è motivo perché un bambino che sta bene se ne vada così. È contro natura e contro ogni ragionevolezza. Ma, chi ha detto che una vita per essere degna debba durare 90 anni? Tutti noi diamo il nostro contributo alla vita e nel caso di tua figlia, la brevità è compensata dalla qualità e dalla profondità dei sentimenti che lascia in voi genitori. Vedrai che alla fine della tua vita e non ora, la sua morte, considerata nell’economia di un’intera esistenza, avrà un senso. Molto puoi fare tu stessa per trasformare questo dramma personale in qualcosa che abbia valore oltre te stessa, un valore universale”. Senza scomodare Dio e la religione, mi diede un motivo per vivere: le ragioni della vita.
Ed è così, ti assicuro. Aver lavorato alla campagna di prevenzione, aver collaborato alla redazione delle linee guida regionali della Lombardia sulla SIDS, aver dato conforto e aiuto a tanti genitori spaesati e alle prese con la malasanità, ha fatto sì che la morte della mia bambina abbia acquistato per me un senso. Tra alti e bassi, questa terribile esperienza ora è stata finalmente sopraffatta dai pochi e bei ricordi che ho di quell’esserino cui ho dedicato tempo più da morta che da viva. Ed è solo per Lei e per il tempo che sento di doverle ancora dedicare, che ogni giorno, oltre al mio lavoro, lotto e mi arrabbio con funzionari burocrati, con medici ignoranti, con politici senza scrupoli. Perché la sua morte non sia avvenuta per niente.
Ti anticipo che le feste e le ricorrenze sono sempre, per i genitori come noi che hanno perso un figlio, un supplizio. Nessuno di noi è però solo col proprio dolore. Qualcuno da lassù ci dà la forza per andare avanti. I nostri piccolini ci aiutano anche da così lontano e danno ad ognuno di noi la forza e il modo per far passare i brutti momenti, il modo per non trasformare un’occasione di gioia in un’esperienza di tormento. C’è chi come Lorenzo che porta l’alberello al cimitero, c’è chi come Monica che dedica la giornata alla sua piccolina invitando gli amici che la vogliono ricordare, c’è chi come me che porta i bambini in chiesa ad accendere una candelina per Anita che non c’è più… Ognuno di noi ha un suo modo per sopravvivere alle ricorrenze. Tutti prima o poi lo trovano ed è anche il modo per non dimenticare, per tenere vivo il ricordo dei nostri piccolini anche in chi li ha appena sfiorati o in chi, come i fratellini successivi, non li hanno mai conosciuti. Noi mamme e papà non abbiamo bisogno di ricordare ma abbiamo bisogno di metabolizzare il ricordo.
La famiglia e le amicizie sono molto importanti in questi frangenti, non chiuderti a riccio e lascia che le persone che ti vogliono bene ti aiutino.
Io ho avuto molto conforto dalla mia primogenita, che mi pressava verso la vita. Nonostante la brutta esperienza che ha passato (aveva 2 anni e mezzo quando ha perso la sorellina) è cresciuta forte e sensibile.
Il dolore mi ha unito molto di più a mio marito. La condivisione di questa sofferenza ci ha reso una coppia solida. Ho capito che avevo scelto l’uomo giusto, che il mio matrimonio poteva reggere anche a questo.
Ho avuto poi un altro bambino, sono stata in ansia naturalmente, ma è stato meno peggio di quello che pensassi. La gioia è stata tale che l’ansia è passata in secondo piano…
Addirittura penso che dopo un’esperienza così si diventi anche dei genitori migliori, forse un po’ inquieti ma comunque molto più attenti ai segnali che ci vengono dai nostri bambini, si apprezzano di più i momenti che trascorriamo con loro e si dà valore a tante esperienze e gesti che prima forse passavano inosservati nel marasma dell’emozioni che un figlio porta con sé.
Ho scoperto di avere dei buoni amici in persone che neanche sospettavo mi avessero a cuore.
Ho perso delle amicizie. Sì, capita anche questo. Troverai qualcuno che di fronte al tuo dolore scappa o si comporta in modo assolutamente innaturale. Ne ho avuto pietà. La vita non risparmia nessuno….Chi non ha il coraggio di soffrire con te, e non solo per te, soffrirà da solo per sé.
Purtroppo o per fortuna il vero aiuto te lo devi dare da te, gli altri sono importanti ma lo sforzo è tutto nostro. Se però ti guardi dentro troverai in te il seme della speranza, e riuscirai a trovare la forza per metterti sulla buona strada.
Ti capiterà di nuovo di essere felice. Resterà un sottofondo di dolore che non si può cancellare, ma i momenti di gioia torneranno, non dubitare.
Se hai bisogno, ricordati che noi ci siamo : condividere il proprio dolore, spesso aiuta.
Parlare con i genitori dell’Associazione per me all’inizio è servito tanto, proprio perché avevo bisogno di toccare con mano che le persone che prima di me avevano avuto questa brutta esperienza erano ancora vive, che riuscivano a condurre una vita normale. Ognuno mi ha insegnato qualcosa. Le mie ansie e le mie paure sono state ‘contenute’, elaborate e restituite in modo tale che potessi vederle sotto una luce diversa, la luce della speranza.
Per questo credo che valga la pena di esserci per incentivare la ricerca e la prevenzione ma soprattutto per aiutare chi soffre per questa crudele ingiustizia. Ognuno di noi può essere per gli altri la prova vivente che se ne viene fuori.
Spero tanto di averti almeno dato qualche ragione per sperare e di aver alleviato un po’ il tuo grande dolore.
Un abbraccio forte.
Allegra