La storia di Caterina
Milano, 22 gennaio 2007
Caterina, la nostra seconda bambina, è nata la vigilia di Natale 2004 come una promessa di serenità per noi che avevamo passato da poco un brutto periodo: ero stata operata per un tumore al cervello un anno e mezzo prima, quando la mia prima figlia aveva solo un anno e mezzo, e sono stata poi parecchio male per molto tempo. La gravidanza è stata inaspettata, io desideravo molto un secondo figlio ma non mi sentivo ancora in forze piene per affrontare un’altra gravidanza e quindi avrei voluto aspettare. Ma il destino ha voluto così ed io mi ero convinta che era un segnale positivo ed ero felice. Poi è nata, una bimba grande (3450 gr), in perfetta forma e bellissima! Come suo padre lei aveva preso gli occhi azzurri e i capelli chiari (Anita è scura con occhi castani come me) ed io ero del tutto persa nella meraviglia del suo sguardo trasparente.
E felice sono stata dalla sua nascita fino a quel giorno terribile, il 5 marzo 2005, in cui Caterina è morta, a soli due mesi e mezzo, dormendo nella sua culla.
Era un sabato pomeriggio ed eravamo tutti in casa finalmente tranquilli. Allatto Caterina e poi la metto a dormire nella sua culla a pancia in su. Dopo circa un’oretta si sveglia, vado da lei e provo a girarla a pancia in giù per vedere se dorme ancora un po’. Era una bambina che faceva fatica a dormire ma da quando avevo provato a metterla a pancia in giù dormiva benissimo. Essendo stata superficialmente informata in ospedale sulla prevenzione della sids e dunque sulle posizioni in culla mi ero fatta un po’ di problemi e ne avevo parlato con amiche chiedendo pareri ma fondamentalmente mi ero convinta che non c’è nessuna prova scientifica di questa cosa, che noi tutti genitori abbiamo sempre dormito a pancia in giù e che fino a poco tempo fa si diceva che era quella la posizione più sicura, che non vedo io stessa fondamento logico a questa regola, e soprattutto sentendo il bisogno di stancarmi di meno facendo dormire di più mia figlia, non subito ma se lei non dormiva la mettevo a pancia sotto. Quel pomeriggio Caterina dormiva proprio bene, io e Carlo ci stavamo godendo Anita, la nostra primogenita che allora aveva tre anni, finalmente potevamo dedicarle un po’ di attenzione! Il tempo passava e noi non ci siamo quasi resi conto che forse stava dormendo un po’ troppo….ad un certo punto mi alzo e dico, vado a vedere Caterina…l’ho trovata con la faccina schiacciata sul materasso e mi è venuto un colpo, ho subito pensato che fosse soffocata e non potevo crederci perché lei girava benissimo la sua testolina da un lato all’altro. L’ho presa subito ed era già un po’ livida…non riesco a pensare a com’era , mi assale un’angoscia terribile, il ricordo del suo ritrovamento è l’immagine più angosciante che mi si è impressa dentro e che nessuno potrà mai togliermi di dosso. Di colpo tutto è crollato, un incubo, un terremoto, una meteorite che ci ha colpito del tutto inaspettatamente, stordendoci completamente!
L’ho abbracciata stretta baciandola e chiamandola per nome e sono corsa da Carlo. Anita era lì e ha visto e sentito tutto. Carlo ha subito provato la rianimazione bocca a bocca con massaggio cardiaco e dalla bocca di Caterina è uscito del latte. Io ho sperato che fosse un buon segno, pensavo che forse si era strozzata col latte e che si sarebbe ripresa ma poi ho saputo che non c’entrava niente. Intanto avevamo chiamato l’ambulanza che è arrivata quasi subito. Hanno tentato di tutto per rianimarla e poi l’hanno portata di corsa in ospedale. Mio padre si è portato via Anita ed io e carlo siamo andati in ospedale con caterina. Ho sperato tutto il viaggio in un miracolo. Dopo due ore di attesa in ospedale mi hanno detto che Caterina era morta e non si poteva fare più niente. Mentre stavo sdraiata su un lettino ad aspettare dentro di me già lo sapevo anche se non capivo ancora bene cosa stava succedendo. Sono andata da lei, l’ho avvolta nella sua copertina gialla e l’ho tenuta stretta al petto, cullandola e baciandola per quasi due ore insieme a Carlo e a mia madre. Piangevo, esattamente come piango adesso mentre ripenso e scrivo la sua storia e come, spero, piangerò sempre perché non ci sono che lacrime per tanto strazio e tanto dolore. Per un mese circa non ho voluto lavare la sua copertina gialla perché portava ancora il suo odore. Io e Carlo, quella notte, tornando a piedi a casa di mio padre dove Anita dormiva, non riuscivamo a credere che fosse potuta succedere una cosa simile…l’incredulità era forse il sentimento più forte, lo sbigottimento di fronte ad una cosa così innaturale, che mai io avevo preso seriamente in considerazione. Come era possibile? Caterina era un fiore, stava benissimo! Ecco, non avremmo dovuto metterla a pancia sotto, è soffocata, si è strozzata!!! E via coi sensi di colpa che ancora ogni tanto affiorano!
La notte è stata un macigno di dolore, la mattina non facevo che piangere annusando la sua coperta e continuavo a non crederci. Per fortuna sono arrivate quasi subito le mie due più care amiche a piangere con me! I giorni successivi li ricordo come una specie di limbo in cui io galleggiavo, presa da tutte le pratiche e decisioni che bisognava subito prendere per funerale, autopsia, cremazione, ecc. e con Caterina, un angelo vestito di bianco, attorniata di fiori, adagiata nella camera ardente della Mangiagalli e un continuo arrivo di amici e parenti a darle l’ultimo saluto. Io e carlo abbiamo passato ore accanto a lei a parlarle, carezzarla, baciarla, guardarla….non volevamo staccarci da lei, era morta ma ce l’avevamo ancora tra noi, in terra, in carne e ossa!!! Anche dopo l’autopsia ho voluto prenderla in braccio ma l’ho subito riappoggiata perché mi sembrava diversa e mi ha impressionato….Il secondo giorno di camera ardente abbiamo deciso di portare anche Anita a salutare la sua sorellina. Eravamo stati molto indecisi, ne abbiamo parlato tanto, anche con amici psicologi e alla fine abbiamo deciso che era meglio che anita capisse che sua sorella non era sparita nel nulla ma che capisse, concretamente, che era morta e che avesse la possibilità anche lei di darle un ultimo saluto. Tenendola in braccio e insieme a un po’ di persone siamo entrati nella camera ardente. Anita l’ha voluta toccare e ha sentito che era fredda. Noi le spiegavamo. Poi le ha lasciato un orsetto per tenerle caldo e le ha appoggiato sopra un fiore. Il resto del tempo Anita lo passava nei giardini davanti all’ospedale attorniata di amici e parenti, giocando, ridendo e piena di attenzioni. Fin dal giorno dopo la morte, quando è tornata a casa nostra e ha visto che Caterina non c’era più e al suo posto c’erano i parenti e noi con delle strane espressioni di angoscia, Anita non ha fatto altro che cercare di farci ridere, di attirare le attenzioni di tutti, di sdrammatizzare insomma. Io cercavo di essere protettiva nei suoi confronti, di non piangere troppo, di sorridere…l’ho sempre fatto e ci sono sempre riuscita bene ma ho anche capito che dovevo anche mostrarle le mie emozioni negative, piangere pure spiegandole perché piangevo, aiutandola a rendersi conto che noi stavamo male ma che non era colpa sua. Lei non ha mai manifestato tristezza per l’assenza di Caterina, era più preoccupata per me e per noi che per la sua mancanza o per se stessa. Più avanti, nei mesi successivi ogni tanto ha detto che le mancava Caterina e che voleva sua sorellina. Io ne ho sempre parlato, le ho cantato le canzoni che ho scritto per caterina, la portavo con me a cercare la stella nel cielo, la citavo ogni volta che mi veniva da farlo. Caterina doveva continuare a vivere in noi!!!!
Per un anno da che è morta Caterina ho lottato per sopravvivere cercando delle forme vitali per me che mi permettessero di pensare a lei e vivere la mia vita senza di lei senza soccombere, senza essere travolta e sconfitta dal dolore: ho scritto i miei pensieri rivolgendomi direttamente a lei, ho inventato tre canzoni (ogni volta che andavo al lavoro con la moto inventavo canzoni che cantavo piangendo per tutto il tragitto, urlando il mio dolore al vento e al traffico cittadino), ho dipinto un quadro con lei e Anita, ho stampato e appeso le sue foto, ho fatto un grande album-quaderno di lei raccogliendo le poche foto e tutte le parole di vicinanza e conforto che i nostri tantissimi amici e conoscenti ci hanno mandato i giorni seguenti, ho cercato dei modi per commemorare insieme agli amici i giorni importanti, quello della sua nascita e quello della sua morte, in modo che fossero giorni speciali, pregni di significato e non solo di tristezza. Non riesco a descrivere gli stati d’animo che ho attraversato, le parole difficilmente rendono giustizia. Vuoto, un vuoto spaventoso, soffocante, strazio, dolore allo stato puro, senso di ingiustizia, crudeltà, incredulità, disperazione….per molto tempo non mi sono riuscita a rassegnare di averla persa, di non poterla più accudire, allevare, di non poterla vedere crescere…ancora oggi non mi sono rassegnata del tutto, in alcuni momenti tornano questi stessi sentimenti di rabbia e ribellione al crudele destino, ma credo di aver accettato in gran parte la sua perdita e di aver trovato un mio modo di sentirla presente e viva per me, seppur sempre nel dolore, quello ci sarà sempre.
Da quel giorno la mia vita non è più la stessa, è fortemente cambiato il mio punto di vista, il mio sguardo sul mondo. Da allora ho capito che la vita è il bene più prezioso e più fragile che ci sia e che non ci è dato di essere felici senza conoscere il dolore più profondo, che dolore e amore sono inscindibili e che non avrei mai più potuto vivere senza sentire un vivo dolore dentro di me. L’ho accettato, ci ho messo un po’ ma l’ho accettato e anche se da un lato mi sento, per questo, più forte, dall’altro mi sento anche immensamente fragile perché so che la vita è attaccata a un filo e che non possiamo fare quasi nulla per trattenerla. Quindi spesso ho paura, come ho paura adesso di poter perdere anche Michele, il mio terzo bimbo appena nato. Ma nello stesso tempo amo la vita e voglio viverla al meglio, proprio perché e così fragile, quindi non voglio sprecare il tempo stando male, voglio lottare e resistere nel dolore, coltivando la vita mia e dei miei figli!
Quasi due anni dopo la nascita di Caterina abbiamo avuto un altro bambino, Michele, che ora ha un mese e mezzo di vita.
Prima di provare ad avere un altro bambino, di cui ho sentito il desiderio fin da subito, ho voluto aspettare un tempo per me necessario per poter rimanere totalmente dentro al dolore per Caterina, senza sfuggirgli, senza staccarmi da lei…non volevo che un nuovo germoglio mi distogliesse da lei, volevo rimanere tutta per lei, avevo bisogno di non disperdere nemmeno un briciolo di energia. E’ stato doloroso ma è stato il mio modo per vivere questo lutto atroce.
Mi sono sentita disponibile verso l’arrivo di un nuovo bimbo esattamente un anno dopo la nascita di Caterina e a quel punto non avrei voluto dover aspettare nemmeno un minuto, avevo già atteso tanto! Dopo pochi mesi ho concepito il mio terzo figlio ed ora eccomi qua con lui tra le mie braccia, di nuovo con un neonato da cullare, nutrire, amare.
Sono felice, mi sento ancora felice. Dopo la morte di Caterina pensavo che non avrei mai più potuto essere felice, e invece devo ammetter a me stessa che Michele mi dona nuovamente quella sensazione di felicità che temevo perduta per sempre.
Sono appena andata in stanza dove Michelino sta dormendo da tanto tempo a controllare…ogni volta che vado a vederlo mentre dorme mi si ferma per un attimo il cuore e il respiro, vado fiduciosa ma con un filo di terrore. E’ l’immagine di Caterina che viaggia con me e mi accompagna in ogni mio spostamento….non voglio scacciarla, voglio solo imparare a portarla con sempre meno ansia. Del resto Michele è suo fratello, ne porta con sé un pezzettino e le assomiglia così tanto! Anche se ho l’angel care vado lo stesso a controllare ogni tot, mi avvicino delicatamente, con paura appoggio una mano sul petto e ogni volta, fortunatamente, assaporo la gioia di averlo vivo, con noi, un dono enorme!
Qui di seguito ho riportato una serie di scritti che risalgono ai giorni appena successivi ella morte di caterina e in avanti nel tempo che penso possano aiutare a capire come si sono evoluti i miei stati d’animo, il modo in cui abbiamo affrontato la perdita della nostra bimba e in cui ci hanno aiutato amici e conoscenti.
Ciao mia piccola Caterina, 6 marzo 2005
Ciao mia piccola Caterina
6 marzo 2005
Caterina,
mia piccola bimba,
dove sei andata?
Eri così piccola e
così bella,
ed io ero così felice
di immergermi
nel tuo sguardo azzurro e
nei tuoi sorrisi,
così felice
di poterti tenere stretta al petto,
di nutrirti col mio seno,
di farti addormentare tra le mie braccia,
cantando una ninna nanna.
Sei volata via in silenzio,
come un soffio
o un battito d’ali di una farfalla leggera.
E noi non abbiamo potuto
fare nulla per trattenerti quaggiù
ed ora vaghiamo
in un vuoto buio e terrificante.
Ma io non posso lasciarti,
io non voglio lasciarti
e non ti lascerò mai,
ti terrò sempre stretta forte forte
contro il mio petto,
ti porterò sempre dentro di me
in un angolino speciale
pieno di amore e di dolore
ma dove la morte non può entrare.
Ciao mia piccola Caterina.
La tua mamma
Parole dell’amico prete alla cerimonia funebre per Caterina, 9 marzo 2005
Mi hai chiesto di dire parole di conforto, ma non è possibile, non si riesce, non ci sono parole di consolazione in casi del genere. E mi hai chiesto di parlare in modo laico, ma anche questo mi è impossibile, dal momento che sono prete.
Posso dire quello che mi è venuto in mente. Quello che è successo dentro di me quando mi hanno telefonato dicendo che era morta Caterina. Il mio spirito ha vagato un po’… nell’orizzonte della Bibbia, perché irrimediabilmente ormai sono legato lì. E prima ho avuto il sentimento di Giobbe, che si è molto arrabbiato con Dio. Giobbe che non capiva l’accanimento, l’accanimento del dolore; ed è un accanimento quello per voi, guardando la vostra storia di questo ultimo periodo. E devo dire che è anche molto liberatorio arrabbiarsi con Dio, molto più che arrabbiarsi col destino, perché almeno hai un interlocutore con cui arrabbiarti.
E poi sono vagato a un altro libro della Bibbia, che è il Qoelet, di un sapiente che ha delle espressioni quasi di sconforto, “vanità di vanità”, che vuol dire nebbiolina inconsistente tutto.
Ma poi sono arrivato inevitabilmente a Gesù Cristo.
E poi mi è venuto in mente il capitolo suggestivo di un libro di un grande testimone, di Bonhoeffer, un pastore luterano, internato in una prigione nazista, che ha scritto straordinarie lettere, un libro intitolato “Resistenza e resa”. Non interessa il libro, ma mi è venuta in mente la suggestione, perché mi pare che resistenza e resa siano i sentimenti… non sovrumani, umani mi sembra, veramente umani, per porsi di fronte al dolore, alla morte. La parola resa vuol dire arrendersi… certamente non arrendersi al dolore. Arrendersi… io dico a Dio. Uno può dire anche all’amore, uno può dire alla vita. Arrendersi è una parola importante: non dico arrendersi per paura di minaccia… di solito ci arrendiamo quando abbiamo paura, quando pensiamo che uno sia più forte di noi; ma mi posso arrendere anche per amore. E a me pare che di fronte a questa vicenda uno si arrende. La resa. Che è un atto profondamente umano. Che è molto concreto. Perché per me arrendersi, la resa, in questo modo vuol dire che Caterina è in Dio. E non so come altro dirlo.
La Bibbia usa delle immagini, usa le immagini di Jahvè, imparate dai bambini, del Paradiso. Paradiso vuol dire giardino… un giardino. E poi utilizza l’immagine della casa. Caterina è nel giardino di una casa. Il giardino evoca la bellezza, la libertà; la casa evoca gli affetti, cioè là dove la mia identità è riconosciuta, in cui posso esprimermi per quello che sono. Questo è il luogo di Caterina: un giardino, il giardino di una casa. Per cui a voi manca, vi manca anche fisicamente, vi manca di poterla toccare, di poterla baciare… ma voi non mancate a lei. E’ questo che vuol dire arrendersi.
E c’è un’altra cosa che mi hanno detto, che c’è il vostro senso di colpa… magari se andavo prima a vedere, eccetera. A me pare che arrendersi vuol dire anche… non dico fare sparire i sensi di colpa, che ci sono, nessuno te li toglie; ma i sensi di colpa bloccano, i sensi di colpa sono come dei pezzi di deserto e il deserto fa male al giardino. Credo che arrendersi voglia dire anche fare in modo che questo deserto si trasformi in giardino: io so che lo spirito fa fiorire anche il deserto. Arrendersi vuol dire far diventare anche risorsa di giardino questo vostro sentire interiore. E’ questo l’arrendersi.
E poi c’è il resistere. Non tanto resistere al dolore, non si riesce; al dolore non si resiste. Ma credo che si possa resistere nel dolore. Dentro. Perché il dolore ha una grandissima ambiguità: ha la forza di unire molto, ma ha anche la forza di dividere molto. Il dolore può far diventare più forte la vostra comunione, ma il dolore può anche separare. E resistere nel dolore vuol dire farlo diventare momento di comunione. Tra voi, con gli altri, ma soprattutto tra voi.
E poi mi hai chiesto di benedire Caterina… mi dici che non vuoi toglierle questa possibilità. Benedire vuol dire “dire bene”. Devo benedire Caterina nel nome del Signore, perché il Signore “dice bene”, vuol dire che è “dalla sua parte”. Questo è il senso della benedizione: Dio è perdutamente dalla sua parte. E anche dalla vostra.
Io adesso la benedico, ma prima dico un Padre Nostro; e chi vuole, se si sente, lo dice con me.
Padre nostro che sei nei cieli…
O Dio Padre nostro, che ami ogni persona, che ami la vita, che sei morto perché la morte fosse tolta, che non ami la morte, ti affidiamo Caterina, perché è viva, nella certezza che vive in te, ti chiediamo di tenerla nelle tue braccia, ti chiediamo che i suoi genitori sentano, vivamente, la sua presenza, te lo chiediamo per Cristo Nostro Signore, Amen.
E ti benedica Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen
Lettera agli amici dopo il funerale di Caterina , 10 marzo 2005
(abbiamo organizzato una cerimonia funebre con un amico prete, in un prato di una cascina nei sobborgi milanesi, in una giornata tiepida con un sole meraviglioso che ha scaldato i cuori di tutti i tantissimi presenti.)
Carissimi amici,
il saluto a Caterina è stato un bellissimo momento… quando siamo arrivati in cascina e abbiamo visto tutti voi riuniti sotto il sole abbiamo sentito un caldo abbraccio che ci ha sostenuto, alleviando per qualche ora l’angoscia e permettendoci di salutare Caterina col sorriso.
Don Renato è riuscito ancora una volta ad aiutarci con parole preziose, che hanno illuminato un pochino l’oscurità che ci avvolge e il cammino incerto che abbiamo davanti. Grazie Renato, ti siamo immensamente grati.
Grazie anche alle amiche che hanno avuto l’idea bellissima dei bulbi e della raccolta dei pensieri. Tutto quello che avete scritto e regalato a Caterina e a noi è di grande ricchezza e conforto e ci fa sentire un po’ meglio, ci scalda il cuore.
Grazie a chi ha cantato per Caterina accompagnandola con parole dolci di speranza, con la ninna nanna e con canti di preghiera. Abbiamo sempre cantato tanto alle nostre bambine, e continueremo a farlo.
Grazie alla banda, la cara, storica banda, che riesce sempre a essere presente e trasmettere una grandissima forza di ribellione alle ingiustizie, alle tragedie, con la voglia di lottare e amare.
Grazie a tutti quelli che sono venuti a salutare la nostra bambina, ma anche a tutti quelli che non sono potuti venire ma c’erano col cuore. Grazie del vostro affetto.
Grazie alla Cascina Biblioteca che ci ha ospitato dandoci l’opportunità di salutare Caterina stando coi piedi sulla nuda terra e gli occhi al cielo, scaldati dal primo tiepido sole primaverile.
E oggi? E domani? E poi?
Oggi è tutto molto più difficile, ci siamo svegliati con fatica, col corpo pesante e il bisogno di piangere. Abbiamo pianto tanto e piangeremo ancora molto nei giorni a venire. Non sappiamo come e quando riusciremo a colmare il vuoto immenso e spaventoso che abbiamo dentro e che sentiamo nella nostra casa. I nostri tempi e la nostra vita di questi ultimi due mesi erano regolati da Caterina, dai suoi bisogni di sonno e di nutrimento, dalle sue esigenze di coccole e intrattenimento…ora ci sentiamo sperduti, non sappiamo più come riorganizzare la nostra quotidianità e non vorremmo doverlo fare! Eppure sappiamo che dobbiamo arrenderci, come diceva Don Renato, arrenderci per andare avanti.
Molti di voi ci dicono che ammirano la nostra forza, che siamo persone forti. Ieri poi ci avete visto così, ma dentro di noi siamo fragili, rotti in mille pezzettini, e ci chiediamo perché così tante dure prove, così tanto dolore, e dobbiamo fare degli sforzi enormi per non crollare… Speriamo di farcela, di resistere, come diceva Don Renato, di non spezzarci. Per Anita che ha bisogno di noi e per noi che abbiamo bisogno l’uno dell’altra e del nostro forte amore.
Domani Caterina verrà cremata. Da polvere invisibile che era prima di materializzarsi nel mio ventre, tornerà ad essere polvere, una polverina magica e leggera che brilla al sole. Le sue ceneri le porteremo in montagna, in un posto bello e incontaminato, e nutriranno la terra. Lì pianteremo un albero, una piccola betulla di nome Caterina.
Primo contatto mail con l’associazione Milano, agosto 2005
Il 5 marzo 2005 è morta Caterina,a soli due mesi e mezzo, dormendo nella sua culla. L’autopsia è ancora in corso ma probabilmente non dirà nulla, Caterina stava benissimo, cresceva che era un piacere e non ha mai avuto segni preoccupanti. Ero felice della mia bambina, era stupenda ed io ne ero totalmente innamorata. Il periodo non era facile, ho già una bambina di 3 anni e mezzo che manifestava le sue inquietudini ed esigenze e Caterina aveva le sue. Ma io e il mio compagno stavamo giusto trovando un buon equilibrio nel gestire la nuova famiglia allargata e nonostante la grande fatica eravamo felici. Di colpo tutto è crollato, un incubo, un terremoto, una meteorite che ci ha colpito del tutto inaspettatamente…..
Sono passati 4 mesi dalla sua morte e a volte mi sembra di stare meglio ma in realtà vedo che il mio malessere è oscillante, a volte mi sembra di aver accettato ciò che accaduto e di essermi un pò distaccata, meno vulnerabile, meno addolorata ma poi poco dopo mi sento ancora lacerata e profondamente ferita e il senso di smarrimento, vuoto tremendo e di dolore acuto riprende il sopravvento. Mi farebbe piacere essere ancora confortata e sostenuta in questo momento così difficile della mia vita, ascoltando le vostre voci, se volete le vostre storie o quello che vi sentite di darmi, chi si sente.
Ho bisogno di sapere che si può sopravvivere ad un dolore così lacerante e profondo, che si può ancora riuscire ad essere felici, che è possibile fare altri figli senza morire di angoscia per tutto il primo anno di vita, che non moriranno anche loro, che non potevamo farci nulla, che la mia bambina sta bene, nel giardino di una casa piena di altri bambini come lei, che il destino non si è accanito contro di me……..ho bisogno di sentire persone che so che possono capire fino in fondo il mio dolore perchè l’hanno provato, che possono comprendermi incondizionatamente perchè ho un assoluto bisogno di comprensione, non posso stare con persone che non sanno o che, peggio ancora, non capiscono la portata del mio dolore. E’ il dolore più grande che possa esistere e da sola non ce la faccio a sopportarlo, condividerlo con la gente mi sgrava un pochino del peso che mi sta schiacciando. Nel frattempo la mia vita continua, Anita, la mia primogenita, è per me in questo momento più che mai vitale, è forse grazie a lei che ce la sto facendo, lei con la sua semplice presenza, mi costringe a reagire, a fare, a sorridere, a non annientarmi completamente e mi scalda il cuore con le gioie che solo un figlio sa dare, anche quando mi fa arrabbiare, perchè è la vita allo stato puro. Ho ripreso anche a lavorare e anche questo mi fa bene e mi dà delle gratificazioni anche se è molto faticoso, soprattutto quando mi scontro con uno scarso efficentismo (la testa parte spesso…) e poi mi rimane poco tempo per me stessa e anche per Caterina. Si perchè anche se non c’è più io ho bisogno di dedicare del tempo speciale a lei, pensandola, guardando le sue foto, piangendo, scrivendole lettere e canzoni…
Io e il mio compagno abbiamo anche incontrato il dott. Strambia Badiale col quale abbiamo chiaccherato a lungo e fatto gli accertamenti cardiologici necessari per escludere questo tipo di problemi. L’autopsia dopo più di 5 mesi dalla morte di Caterina non è ancora stata depositata in tribunale, noi abbiamo nominato un avvocato con la speranza che acceleri le cose e un medico pediatra che affianchi il lavoro dei due medici (legale più pediatra) che devono fare la diagnosi di morte. Anche questi tempi infiniti e gli impedimenti burocratici e giudiziari rendono tutto ancora più difficile, tengono aperta la ferita e non ci permettono di capire.
Vi ringrazio di cuore
Monica
Lettera aperta a tutti i genitori dell’associazione Semi per la Sids, 8 novembre 2005
Carissimi,
ci si sente soli di fronte a un dolore così grosso, eppure siamo tanti a provare lo stesso sbigottimento e lo stesso dolore. Anche per me è stato fondamentale parlare con atri genitori, gli unici che possono capire così bene perchè hanno vissuto sulla propria pelle. Sono passati più di sette mesi dalla morte della mia piccola Caterina, due mesi e mezzo di vita felice, ed io la penso più che mai, anzi più passa il tempo più riesco a permettermi di fare sgorgare la tristezza più profonda senza farmi completamente sopraffare, riuscendo a gestirmela, senza impazzire ma portandomi addosso tutto il peso. Questo so che me lo porterò dentro tutta la vita, nessuno me lo può togliere ma alleviare sì, condividere il dolore con gli altri è come chiedere ad un’altra persona di portare un pò del peso…mi sento egoista, ma per la prima volta nella vita mi permetto di esserlo senza scrupoli: ne ho troppo bisogno! Ed è proprio per questo che credo che nessun genitore che ha vissuto questo trauma si possa sentire scocciato dal bisogno di altri. Io sono felice di potervi ascoltare e raccontare la mia storia e prendermi un pò del vostro peso, spero vi sia di aiuto. Il dolore quando sale
(per me è un pò come un’onda di marea, sale, allaga, dilaga e poi scende, lascia respirare nuovamente) sembra insostenibile, la sua intensità col passare del tempo non diminuisce, anzi, ma poi vedo che riesco a sostenerlo, non soccombo, la voglia di vivere e di sorridere torna con la voglia di amare la vita, ancora di più di prima, e col desiderio di generare un giorno ancora altra vita.
Il nostro caso da pochi giorni non rientra più nei casi di morte bianca perchè l’autopsia ha scoperto una causa, anche se la dinamica è quella della sids (morta dormendo, in culla a pancia sotto, stando apparentemente bene). Caterina è morta di una broncopolmonite interstiziale diffusa e fulminante, malattia rarissima che non dà nessun sintomo e dunque nessuna possibilità di diagnosticarla nè di prevenirla e probabilmente malattia di origine virale.
Quindi una causa c’è stata, o meglio è stata identificata(qualunque morte ha una causa) …..ma nella sostanza non cambia nulla, ciò che conta è che ho perso una figlia, e che sono lacerata dal dolore come tutti i genitori che
hanno perso dei figli, qualunque morte essi abbiano avuto. E questo ci accomuna e questo paradossalmente è la nostra forza. Il modo in cui io sto cercando di portarmi appresso il dolore (non si supererà mai penso) è quello di condividere con più persone possibile le mie emozioni, parlarne, chiedere comprensione e consolazione. Ho scritto due canzoni per Caterina, è un modo in cui riesco a parlarle, spesso piangendo (e piangere fa bene, libera dall’angoscia), a volte sorridendo…l’altra mia figlia vuole spesso che io gliele canti e le canticchia anche lei. Non cerco di dimenticare, mi è
impossibile ma poi soprattutto non voglio proprio, anzi, cerco di tenerla più viva e presente che posso, appendo foto, canto, la dipingo e scrivo per lei. Caterina sarà sempre mia figlia e la sorella piccola di Anita (anche lei la disegna e ne parla spesso) e voglio che abbia lo stesso spazio di Anita nella mia vita, diverso ma di uguale importanza.
Un abbraccio a tutti.
Monica
Un anno dopo la sua nascita, dopo aver avuto l’esito dell’autopsia , 20 dicembre 2005
Il 24 dicembre Caterina avrebbe compiuto un anno di vita. L’avvicinarsi di questo giorno ravviva in noi il miscuglio di emozioni che in tutti questi mesi ci siamo portati dentro. Un miscuglio in cui la gratitudine, la meraviglia, l’amore per la vita si sono legati e aggrovigliati con lo smarrimento, la rabbia, il dolore per la morte.
Abbiamo avuto il risultato dell’autopsia di Caterina che sembra avere individuato la causa della sua morte, “in via di altissima probabilità”, in una “polmonite a prevalente componente infiammatoria interstiziale con acuta insufficienza cardio respiratoria terminale. Una affezione respiratoria infettiva (molto frequentemente virale, ma anche da altri agenti microbiologici) con sintomatologia poverissima o assente, senza alcun fattore noto di rischio e prevedibilità, realizzatasi in condizioni di pieno benessere neonatale e senza che alcun segno possa essere manifesto o individuato prima di un drammatico esito letale”.
Dunque la morte di Caterina non può essere classificata come un caso di Sids (Sudden Infant Death Syndrom), anche se poi, nei fatti, la dinamica è la stessa (morte improvvisa nel sonno, repentinità e imprevedibilità dell’evento, sintomatologia assente).
E’ un esito che all’inizio ci ha disorientato e ci ha lasciato increduli, ma poi nella sostanza non cambia nulla: Caterina non c’è più e resta quella sensazione inquietante di essere infinitamente piccoli e fragili, sospesi al sottile filo della vita e in balìa dei capricci del destino.
Caterina, anche se non è più tra noi, continua a vivere in forme diverse: vive nel cielo, dove la sua anima è volata accendendo una nuova stella; vive nella terra, dove abbiamo sparso le sue ceneri, nell’erba, nei gladioli e nella betulla che da lei hanno tratto il nutrimento; e vive dentro di noi, nei nostri cuori e in quelli di chi porta memoria di lei.
Canto Preghiera al Cielo, alla Terra e al Cuore (per Caterina e per tutti i bambini che giocano con lei in cielo e per i loro genitori), dicembre 2005
C’è una bambina lassù nel cielo,
gioca danzando su un lungo velo,
la vedo e la sento ma è troppo lontana,
il mio sentimentolo canto nel vento.
Ti prego cielo stringila forte,
e falla volare oltre la morte (2v)
Cielo infinito e sconfinato,
ti prego redimi ogni mio peccato,
e sciacqua il mio viso, è troppo salato,
mi tira il sorriso, mi brucia il palato.
Ti prego cielo, stringici forte,
e facci guardare oltre la morte (2v)
C’è una bambina dentro la terra,
cenere e sale linfa che scorre,
ne sento il profumo ma è troppo profonda,
ricordo l’essenza dipingo la forma.
Oh Madre Terra, proteggi il suo seme,
e fallo fiorire che non possa appassire (2v)
Terra battuta, radici profonde,
ti prego accogli queste mie onde,
e sciacqua il mio viso, mi sono truccata,
di lacrime e fango, di terra impastata.
Oh Madre Terra, proteggici tutti,
e dacci da bere il succo dei frutti (2v)
C’è una bambina dentro il mio cuore,
denso miscuglio di amore e dolore
mi incide la pelle ma è troppo leggera,
la sua luna e le stelle le danzo di sera.
Ti prego cuore, sciogli il dolore,
e mantieni memoria della sua storia (2v)
Cuore sperduto, amore avvilito,
ti prego guarisci il mio cuore ferito,
e sciacqua il mio viso, di bianco è segnato
dal latte sgorgato, dal fiore reciso,
Ti prego cuore, sciogli il dolore
e mantieni memoria della nostra storia (2v)