Avevo iniziato a scrivere la mia storia ma si è persa tra le bozze.
Io sono una grande chiacchierona ma è difficile iniziare così a freddo a raccontare..
Mi sono messa Morricone, finale di un concerto romantico interrotto per violino, e provo a catapultarmi indietro nel tempo.
A dire il vero è difficile perché io molto raramente associo mio figlio Tiziano al dolore.. con il tempo ho imparato a pensare a lui come un dono, un grande privilegio che la vita mi ha donato.. e quindi mi concentro sulle sensazioni dolci, sui profumi, sui pochi ricordi che ho di lui con i fratelli..
Era il 28 dicembre,un sabato sera di quelli noiosi, faceva freddo e pioveva da paura, eravamo tutti a casa insieme alla fidanzata di mio cugino e dopo avere allattato Tiziano ho deciso che era arrivato il momento di dargli il suo I cucchiaino di frutta omogeneizzata, aveva 4 mesi ed 1 settimana ed era un piccolo toro, pesava 8kg e 500 e dopo le feste lo avrei dovuto svezzare.
¾ cucchiaini di pera e 2 ore di dormita sulla pancia di mamma mentre guardavamo un dvd: original sin, il peccato originale.
Quante volte all’inizio pensavo a quel titolo, chissà forse aveva un significato..
Dopo Andrea, mio marito,l’ha preso e l’ha messo nella culla, in camera nostra, perché mi ero stancata e mi sono vista gli ultimi minuti di film comoda.
Ho scaldato il brodo vegetale di Camilla,pochi minuti, ed Andrea è entrato in camera per prendere un bavaglino.
Ha urlato il mio nome e mi è venuto incontro con Tiziano vitreo.
Ero in camicia da notte scalza e così sono scappata in ospedale, al FBF Villa San Pietro che mi è a pochi minuti da casa.
Di quei momenti ricordo davvero poco ero confusa, frastornata, vedevo i dottori arrivare uno dietro l’altro di corsa, suonavano 100000 telefoni, si accendevano le luci di tutte le stanza.. vedevo da uno spiraglio di porta che intubavano mio figlio (ecco sono arrivate le prime lacrime)che gli facevano un interminabile massaggio cardiaco.. punture, flebo.. di tutto.
Per me sono passate interminabili ore, ma dopo mi hanno detto che erano solo 20 minuti, e ci hanno comunicato che il bambino era stato rianimato.
Mio marito era al VII cielo, ma io ero titubante, sapevo che bastano pochi minuti senza ossigeno perché i danni al cervello siano irreparabili.. ma non ci volevo pensare.
Intanto era arrivata la mia pediatra e ci hanno permesso di vederlo, era di nuovo roseo, sereno, un bambino addormentato, che però non sentiva la voce della sua mamma..
Abbiamo dovuto decidere dove trasferirlo, serviva una struttura attrezzata ed abbiamo scelto il policlinico Gemelli.
Da lì 3 giorni di calvario fatto di illusioni e speranze, di un corridoio angusto dove attendere accanto ad una parete di frigoriferi portatili con scritto FEGATO – RENE DX – CUORE- ECC..
Che buongusto!
il 30 dicembre ci comunicano si sarebbe insediata una commissione di 3 membri esterni che avrebbero monitorato mio figlio per 24 e dopo deciso se staccare le macchine che lo mantenevano in vita.
Dicevano che era accanimento terapeutico, che non c’era nessun segnale di attività cerebrale.
Ma era mio figlio, il mio bambino, lo volevo vedere crescere, volevo vedere che uomo sarebbe stato, lo volevo toccare, abbracciare.. sentire il suo calore, il suo profumo e loro mi volevano portare via tutto questo..
Decido di trasferirlo in una clinica privata, illudendomi di potere sfuggire a questa crudelissima fine, ma ormai io e mio marito non avevamo più potere decisionale.
vedendo che non riuscivo ad accettare questa idea hanno deciso di fare passare il capodanno per darmi qualche giorno in più e per fortuna la notte del 31, mentre il mondo era in festa, mio figlio se ne è andato in silenzio, da solo, senza che nessuno staccasse nulla..
noi eravamo a casa, per non lasciare Valerio e Camilla che già erano spaesati dalla massa di gente che transitava a casa nostra..
pensate, abbiamo anche brindato.. Valerio voleva che facessimo saltare i tappi delle bottiglie.. lui aveva solo 5 anni.. non si rendeva conto.. e noi gli abbiamo donato con gli altri il momento di festa che si aspettava..
poi è arrivata la telefonata!
Il mio sogno si è spezzato, la mia vita si era fermata insieme a quella di mio figlio.
Non potevo + essere una mamma, non me la sentivo, non ero + adatta, avevo fallito, avevo lasciato morire il mio bambino, forse il cucchiaino di omogeneizzato aveva provocato tutto questo! Questa SIDS! Questa sconosciuta sindrome della quale mi avevano parlato nella terapia intensiva.
Ero al III figlio e non l’avevo mai sentita nominare, di sicuro doveva essere una malattia ed era colpa mia che non mi ero resa conto, i dottori mi volevano consolare dicendomi che non è una cosa prevedibile, io sapevo che era tutta e solo colpa mia.
Questi erano i miei pensieri, costanti ed ossessivi, tutta colpa mia.
Passati i giorni della confusione, dello stordimento delle persone che ti parlano di tutte le banalità possibili nel tentativo di distrarti, è arrivato il momento del vero dolore, della necessità di provare anche solo a capire cosa avrebbe significato la mia vita senza Tiziano.
Ma non era neppure immaginabile, non ci riuscivo.
mi lavavo e dal mio seno veniva fuori il latte, ma non c’era + il mio bambino a berlo ed io rimanevo inebetita davanti allo specchio.
Pensavo che ormai era tutto inutile che non avrei avuto mai + una vita, che non avrei mai + saputo cosa potesse significare gioire, che avrei fatto vivere Valerio e Camilla in una famiglia di zombi.
Solo pensieri negativi che mi portavano un immenso mal di testa e mi facevano passare le giornate accasciata sul divano.
Ho passato 2 mesi massacrandomi l’anima con i sensi di colpa.
Sono arrivata a pensare di farla finita e di portare con me tutti!
Poi, per fortuna ho pensato al dopo, a cosa si sarebbe detto di questo gesto, ed ho capito che non ero padrona della mia mente.
E così, visto che dovevo continuare a vivere volevo che almeno fosse una vita tollerabile, soprattutto per i bambini.
Ho deciso di cercare qualcun altro che avesse vissuto la mia stessa esperienza, mi volevo sentire dire che era possibile andare avanti, che Cerbero che mi dilaniava dal didentro prima o poi si sarebbe fermato, che mi avrebbe dato pace.
Allora una sera mi sono catapultata in rete, ma non + per cercare notizie di quella dannata sids, o di cosa significhi esattamente fare un’autopsia, no adesso mi serviva qualcuno con cui confrontarmi, con cui discutere di cosa significasse vivere senza un figlio, senza una spiegazione plausibile, mi serviva che mi si dicesse: Raffaella ce la puoi fare, sarà dura ma prima o poi tornerai a sorridere e il cielo sarà ancora azzurro.
E così ho incontrato l’associazione, che mi ha presa per mano e, scrivendo,mi ha fatto scaricare l’immensa rabbia che mi devastava.
Scrivevo e piangevo, leggevo le risposte degli altri genitori e piangevo ancora, ma man mano mi rendevo conto che lo stordimento, i pensieri malsani, l’angoscia per il futuro erano comuni a tutti, per alcuni solo un ricordo, ma gli stati d’animo dei momenti vicini all’evento erano simili.
Così è iniziato il lungo e duro percorso verso la risalita, verso quel prato fiorito che è una vita serena e che forse avrebbe avuto ancora un posto per me e la mia famiglia.
Mio marito non mi ha seguita in questa scelta: per lui è tutto inutile, le parole, gli scambi emozionali, i confronti, la realtà per lui è solo che Tiziano non c’è più.
Non credo abbia ragione ma probabilmente la differente visione e le diverse necessità sono dovute proprio al fatto di essere uomo e donna.
Parliamo poco di Tiziano ma ci basta uno sguardo per capire cosa proviamo in un determinato momento.
È il nostro equilibrio, fatto di silenzi, lacrime ed abbracci colmi di affetto e sostegno
Sono passati 4 anni e mezzo da quel dicembre e non c’è un attimo in cui io non mi senta una mamma mancata, una persona che oggi è diversa da quello che sarebbe dovuta essere.
Di sicuro sono migliore.
L’immenso dolore mi ha resa + sensibile ed attenta. Quello che prima mi era indifferente e non sapevo apprezzare oggi è un dono.
Prima un’oretta al parco tutti insieme era un modo per prendere aria in una serata calda, oggi è un meraviglioso momento in famiglia.
Credo di avere ancora molta strada da fare ma ho, abbiamo, un equilibrio e questo rende il ns percorso più semplice o almeno meno tortuoso.
Non cosa augurare a me ed alla mia famiglia, anzi mi piacerebbe una sana dose di spensieratezza… e chissà magari un giorno arriverà anche quella!
Raffaella