Per quanto mi sforzi di ricordare, non riesco a pensare ad un solo momento della mia vita in cui non abbia desiderato di avere due figli. Anche da bambina, quando mi pensavo grande, mi vedevo con i miei due bambini a fianco, e quindi per me fu naturale, un paio d’anni dalla nascita di Ilaria, pensare ad un nuovo bambino. In quel periodo stavamo ristrutturando una nuova casa, che avevo molto desiderato e nella quale profondevo quel po’ di energie che mi rimanevano dopo il lavoro a tempo pieno ed una bambina di nemmeno tre anni. Non pensavo molto ad Anna che cresceva dentro di me, mi sentivo felice e serena, avrei finalmente coronato tutti i miei sogni, non avevo paure od ansie. Mi ricordo con il pancione ad aggirarmi tra tubi e impianti elettrici scavalcando piastrelle ed imprecando verso questa o quella cosa che non andava. Avevo avuto un cesareo programmato per Ilaria, ma volevo assolutamente partorire in modo naturale ed ero d’accordo con la mia ginecologa, che avremmo aspettato il termine previsto e poi avremmo verificato cosa fare. Anna doveva nascere il 07 gennaio 1998, ma il 02 gennaio ebbi qualche perditina. Era venerdì, e, tra le vacanze di Natale, e l’assenza dei dottori, e l’incipiente week end, decidemmo di andare al pronto soccorso per vedere se tutto andava bene. Lì trovai una bestia, non si può certo definire un dottore, che, quando stavo per tornarmene a casa, rilevato che i tracciati erano perfetti e che non c’erano problemi, mi disse “Vada pure, poi se il bambino muore, sono affari suoi…” Ovviamente rimasi e mi fecero il cesareo che non avrei voluto fare.
Anna comunque era bella e sana, e questo mi fece scordare la delusione per un parto infelice, e cresceva bene. Ormai eravamo prossimi al trasloco e tutto procedeva per il meglio. Stava arrivando la primavera, e quel sabato mattina, il 28 marzo, andai a comprare le piante che avrei messo in giardino. Poi andammo ad una riunione al nido che frequentava Ilaria, dove tutte le maestre mi fecero gran festa, sapendo che avrei iscritto Anna allo stesso nido da lì a poco. Poco prima di pranzo lasciai Anna e Ilaria a Maurizio e andai a dare l’acqua ad alcune primule che avevo già messo a dimora in casa nuova. Tornai a casa dopo l’una, Anna dormiva, ed io pensai che potevo mangiare in pace e poi darle il biberon, e non entrai nemmeno nella sua stanza a vederla. Dopo andai per prenderla, e vidi subito che la posizione era innaturale, era a pancia in giù, ma la sua faccia era completamente nascosta, con il naso e la bocca schiacciati sul cuscino… la presi in braccio e sembrava una sacco penzolante. Io capii subito, la girai ed era bianca come il muro della cameretta che avevamo dipinto poco prima della sua nascita. Mi misi a strillare come una pazza “È bianca, è bianca !!” Maurizio corse a chiamare il 118, a me non era venuto in mente, e ricordo di aver pensato che tanto non sarebbe servito a nulla. Mentre arrivava l’ambulanza spiegarono a Maurizio come fare la respirazione bocca a bocca, e lui lo diceva a me, ed io tentavo una cosa che non avevo mai fatto, che non sapevo come fare, e che sapevo era inutile. Ricordo il sapore del rigurgito che usciva dalla bocca di Anna, e il suo piccolo petto che si gonfiava quando le inalavo l’aria. Finalmente arrivarono e ci spinsero fuori dalla camera. Rimasero più di mezz’ora chiusi con lei per cercare di rianimarla, mentre io stavo in salotto con Ilaria, che, povera creatura, aveva assistito a tutto, e che mi chiedeva: “Mamma, perché dicevi che è bianca ??? Mamma, cosa stanno facendo ad Anna ?? Mamma, perché non possiamo entrare…” Quando uscirono furono così gentili da portarla via direttamente loro e indicarono nel referto che era morta in ospedale. Vennero degli amici e portarono via Ilaria, alla quale avevo sommariamente detto che Anna era volata in cielo. Il resto della giornata me lo ricordo come fossi uno zombie, io che butto il latte già pronto nel lavandino, pensando voglio un altro figlio, io che chiedo a mia sorella di far scomparire la culla, la mia culla che mi aveva tradito, dove tutti noi fratelli, cugini, figli di cugini, prima di Anna, avevamo fatto le nostre prime nanne, e portarsi via tutte le poche foto che avevo di lei, io seduta sul divano immobile, con la sensazione di sentire Anna piangere, io che mi sento inutile…
Abbiamo sempre cercato, Maurizio ed io, di rifuggire dal terribile circolo vizioso dei se: se io non fossi andata a fare una cosa così inutile come dare l’acqua ai fiori, se lui le avesse dato da mangiare, se io fossi andata a vederla tornando a casa, se lui l’avesse tenuta sveglia… sapevamo che ci saremmo solamente fatti del male, e che questo non ci avrebbe restituito Anna.
Tutti furono molto gentili con noi, ma nessuno ci disse che potevamo avere un aiuto, che esistevano associazioni di persone come noi… nulla. L’autopsia aveva evidenziato una leggerissima malformazione cardiaca, non mortale, ma non potevano quindi parlare con certezza di una qualsiasi causa o di SIDS, forse non ce ne parlarono per nulla, non ricordo … Rimanemmo soli ad affrontare il nostro dolore, ed il dolore di Ilaria, del quale non mi resi conto fino a quando, quell’estate al mare, la bambina andò in disperazione per un aquilone “Non lasciarlo andare in cielo… Non voglio che vada in cielo…” e poi ci chiedeva sempre, quando ci vedeva uscire “Mamma, ma dopo torni, vero…” memore di quella sorellina che era uscita dalla porta e non era tornata più…
Ilaria mi diede la forza di andare avanti. Quando ero triste pensavo a lei, che era troppo piccola per capire una cosa che nemmeno noi grandi riuscivamo a capire, e mi consolavo che avrei avuto presto un altro figlio… che ovviamente non arrivava. Ero rimasta incinta con i famosi pantaloni sul letto sia per Ilaria che per Anna, ed adesso, che per me era così importante, niente, non rimanevo incinta. La mia ginecologa, (sempre lei !!) mi consigliò una psicologa, che mi fece capire come, oltre al dolore per la perdita della mia bambina, a me era venuto anche a mancare un progetto di vita, quella famosa famiglia felice con i due bambini che io avevo sempre sognato, e, miracolosamente, dopo solo tre sedute, mi scoprii incinta. Stavolta cercai di godermi maggiormente la gravidanza, mi sembrava una cosa preziosa, ascoltai il mio corpo come sicuramente non avevo fatto con Anna, ma, contemporaneamente, più si avvicinava il termine, più cresceva il terrore… a noi era successo di giorno, come affrontare un’intera notte, se era bastato un pisolino di mezz’oretta per portarci via la nostra bambina ??? All’ottavo mese di gravidanza, mi decisi a mandare una mail al reparto di pediatria a Padova: “Salve mi è successo così e così, sono incinta, cosa posso fare ??” Mi rispose Caterina Tiozzo, un medico in gambissima, che non ringrazierò mai abbastanza e che, finalmente, mi fece conoscere l’Associazione, mi tranquillizzò con una serie di esami che avremmo fatto fare a Laura, e ci promise il monitor. Toccavo il cielo con un dito… erano passati quasi due anni di buio più totale, di dolore, depressione, ansia, terrore, e, adesso, finalmente vedevo una luce alla fine del tunnel.
Quando arrivò Laura ed il relativo monitor, non fu proprio tutto rose e fiori… il monitor non era proprio perfetto e, complice anche la nostra incapacità, suonava spesso… però sapevo che bastava guardare i valori per capire se suonava per falso allarme, e, quando poi lo sostituirono con uno più tecnologico, finalmente riuscimmo a dormire come non avrei mai creduto di poter fare. Laura è la nostra “bambina con i fili” ed è servita moltissimo, non certo a farmi dimenticare Anna, ma a superare l’angoscia e la disperazione che un lutto come il nostro si trascina dietro. Non abbiamo mai parlato a Laura di Anna, le ha detto tutto Ilaria, ed ancora oggi, quando parlando con qualche estraneo mi capita di dire che ho due figlie, le mie bambine mi rimproverano dicendomi che sono bugiarda, che ne ho tre. Laura mi ha anche detto, qualche anno fa (poteva avere quattro o cinque anni) “Ma se Anna non fosse morta, io non sarei mai nata, vero ???” Sono rimasta senza parole…
Oggi sono passati 9 anni. Penso spesso a come sarebbe Anna oggi, soprattutto a come sarei io. È chiaro che questa esperienza mi ha cambiato la vita, tra il prima, spensierato, ed il dopo, angosciante. Ancora oggi se Laura, che si sveglia immancabilmente sempre alla stessa ora, dorme 10 minuti di più, io e Maurizio ci ritroviamo ad osservare il suo respiro, ci basta uno sguardo per capirci, non abbiamo certo bisogno di dirci che riviviamo sempre quel momento, ed io lo faccio anche con lui… se di notte mi sveglio e non sento il suo respiro pesante, una scossettina gliela do sempre, poveraccio… ma oramai so che tutto ciò fa parte della mia vita, come una malattia o una malformazione con la quale si deve convivere quotidianamente. È vero che il tempo aiuta, oggi mi rendo conto anche che certi giorni non la penso nemmeno, e questo mi sembrava francamente impossibile fino a qualche tempo fa. Sicuramente la nostra visione del mondo e della vita è diversa da quella delle famiglie “normali”.
Non ringrazierò mai abbastanza l’Associazione per avermi fatto conoscere delle persone eccezionali, che con il loro esempio ed il loro coraggio mi hanno aiutato a sopravvivere. Ancora oggi, parlare con loro mi da forza per vivere meglio e mi pone di fronte ad interrogativi diversi. Anche sabato, alla riunione a Reggello, Lorenzo ed Allegra hanno detto cose sulle quali mi soffermerò a pensare, e che, se riuscirò a fare mie, mi saranno sicuramente di aiuto. Ogni anno, poi, conosco persone che, purtroppo, sono state colpite da un lutto recente, e, se da una parte condivido il loro dolore come fosse il mio, e rivivo la mia disperazione nella loro, dall’altra so con certezza che anche loro ritroveranno la speranza, perché sono approdati nel posto giusto e, dopo aver compiuto un lungo e triste percorso, so che ce la faranno e potranno guardare al loro futuro con un sorriso. A tutti un grosso augurio di serenità.
Cristiana
Padova, 08/05/2007